martedì 10 novembre 2015

Frasi dal libro "Nelle case della gente" di Mirko Tondi

Si accorge di quanto la sua vita si nutra di contraddizioni,scialbi compromessi che hanno il compito di non rompere un equilibrio più che mai apparente.

Crede che nella vita ci siano vuoti di varia dimensione che vadano riempiti.
Certe volte,questi vuoti li riempie con qualcosa che lo fa sentire sazio,come una bibita gassata che gonfia lo stomaco.
Aria.
L'impressione nitida che ha oggi è quella di aver riempito la sua vita di aria,di aver messo da parte scorte che vanno aldilà del vero bisogno di respirare.
Ha sposato il futile e fatto di passeggeri e illusori sprazzi di felicità un cuscino morbido su cui appoggiarsi di tanto in tanto.
E quello che gli rimane adesso è una sensazione di vago torpore ma niente di più.

Ciò che ha imparato di sè è che i giorni cattivi superano quelli buoni.
E'una verità impietosa che vorrebbe cambiare ma non può,e oggi è uno di quei giorni in cui non c'è spazio per le mediazioni ma solo per le sentenze.
E se avesse a portata di mano un pulsante che gli consentisse di spegnersi lentamente,sì.oggi l'avrebbe già premuto.
Non sa molto dell'esistenza umana ma spesso gli capita di pensarci così intensamente da chiedersi cosa gli abbiano insegnato in fondo questi 36 anni vissuti tra la gente ma a margine di essa,come una nota relegata in fondo a un libro.
Non che sia una persona emarginata,esclusa,non compresa o estranea al mondo,niente di tutto questo.
Ma è come se il suo costante senso di inadeguatezza fosse tale da impedirgli di sentirsi parte di qualcosa.
Quello che si crede di se stessi,ha imparato,anche se non è la realtà,ne è una copia molto fedele.

A volte l'odore della verità di sente con più forza:
ti entra nelle narici e fai fatica a toglierlo.

Ciò che ci è più vicino,spesso ci è anche sconosciuto.

...senza sapere il meglio dove sia nè se esista davvero.

"Turista della tua stessa vita".
E'proprio l'espressione che cercava per definirsi.
Come di qualcuno che ogni tanto fa visita a se stesso,per poi andarsene,e forse tornare.

C'è una volontà silente che a volte opera separatamente dalle nostre intenzioni:
è quella ammantata di scuro che chiamiamo inconscio.
Quella dei desideri rimuginati ma non inseguiti,lasciati in un angolo recondito,oppure relegati nel dimenticatoio della memoria.

Meglio un rassicurante e bugiardo senso di pace anzichè la spietata tragicommedia della vita.

...l'abitudine che addormenta i sensi e finisce per offuscare anche la bellezza,ed è così che ci dimentichiamo i particolari,i contorni,addirittura gli elementi essenziali.

Si sente perennemente braccato dall'oblio,questo buco nero che gli rosicchia il colore e gli lascia sempre meno ricordi.

Vorrebbe che la sua vita fosse un luogo comune.
Vorrebbe recitare una parte scritta per lui da qualcun altro più capace.
Niente di eccezionale,solo alzarsi e andare al lavoro,tornare a casa e mettersi sul divano a guardare la tv,mangiare,andare a letto,fare l'amore,desiderare figli,avere dei figli,dormire.
Qualcosa del genere.
Invece la sua idiosincrasia per la routine,i suoi ritmi sballati,le sue giornate inconcludenti,le anneganti ansie mattutine(come farò oggi a fare tutto? Come posso riuscire a organizzare il mio tempo?) e le deprimenti autocommiserazioni alla sera (perchè anche oggi non ho fatto niente? Come faccio a essere così incapace?) e ogni volta è di nuovo lo stesso (soltanto un altro maledetto giorno da far arrivare faticosamente alla sua conclusione e lasciare che il ciclo si ripeta),i dubbi insistenti sul futuro e sull'idea di famiglia.
Tutto,un tutto disarmante e crudele lo porta lontano dalla semplicità di un'esistenza tranquilla,dalla pace con sè.
E rivede una specie di uomo ha imparato a complicarsi l'esistenza,trascinando un carico ingombrante di aspettative e ambizioni,con i suoi ma e i suoi forse.

Sta lì,in piedi,con questa foto in mano.
E'uno strano confronto fra un bambino che non c'è più e un adulto che non c'è mai stato.
Una volta ha sognato sua nonna.
Si trovava davanti a lei e piangeva.
Lei gli diceva:
"Sei forte!".
Lui singhiozzando rispondeva:
"Voglio tornare bambino!"


...un patrimonio che non sono i soldi,ma nel suo caso un patrimonio di abbracci non dati e di parole non dette.
Un vuoto che sa essere ingombrante.
Un patrimonio di azioni mancate.

La casa come appartenenza:
sentirsi accolto,racchiuso da un guscio,abitante senza scadenze.
E non un ospite di passaggio,uno con la sensazione costante che un giorno,presto,casa sarà un'altra.

D'altra parte,pensa,un bambino cosa dovrebbe ricordare delle sue prime istantanee di vita se non corse e palloni e schiamazzi e gelati e aquiloni e pantaloni sporchi d'erba e ginocchia sbucciate e pianti?

...molti errori,fuga dei sentimenti,raffiche di vetri sulla serenità.

...stemperare il freddo opprimente grazie al fuoco acceso dalle sue mani sapienti.

I libri.
Si tratta di cose che hanno una voce propria,che contengono allo stesso tempo emozioni e sapere.
Insomma,hanno quello che molte altre cose non hanno:un'anima.
Per i libri non c'è regola,nessun ordine o sistema da seguire.
E allora ecco che libri usati presi a 1 euro al mercatino domenicale toccano volumi comprati in libreria.
Carta logora e scolorita contro copertina lucida e ben conservata,come una tavola alla quale si siedono vicini il povero e il ricco,senza voltarsi l'uno verso l'altro.
E'arrivato senza molta fatica a concludere che questa disposizione in ordine rigorosamente casuale,una commistione anarchica di generi letterari ed epoche diverse,riflette il suo approccio personale ai libri,alla lettura,appunto dettato dal caso,qualche volta dalla curiosità,qualche altra dall'interesse del momento o da una passione duratura.
E negli anni ha sperimentato sia l'impeto di un impulso passeggero a documentarsi e scoprire,sia la brama di possesso,cosicchè adesso ci sono volumi cominciati che ospitano segnalibri,testi enciclopedici da spulciare ogni tanto,libri snobbati,libri volutamente evitati,libri che lampeggiano di adorazione,libri da rileggere,libri mai capiti veramente,libri abbandonati,libri celebrati,libri che sono ricordi e altri che forse lo saranno in futuro.
I libri come contenitori e produttori di ricordi:
è per quello che sono entrati a far parte di lui senza che li cercasse.
E ora sono tutti mischiati assieme e poggiati su un fianco a fondersi coi silenzi e le parole di questa casa.

Poi ha sentito cambiare qualcosa,perchè tanto c'è sempre qualcosa che cambia e se così non fosse non saremmo nemmeno vivi.

Riccardo scrive con la consapevolezza di saperlo fare bene,sopra la media e oltre.
E quello che gli viene fuori è un intreccio malato di sofferenza e catarsi,dedizione e necessità.
Non conosce molte persone che sappiano usare le parole come lui,quella maniera unica,quasi aliena,di metterle assieme,le metafore,le immagini che riesce a vedere e tu non puoi altro che dire:
"Oh ma come cazzo ha fatto a vedere questo io proprio non lo so"

Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno e poi dicono:
"Niente,non è niente...solo un sogno triste".


A volte si chiede se sia disumano non desiderare una famiglia,anzi fuggire dalla sola idea  come dai rabbiosi mostri degli incubi.
Magari ambire ad avere una compagna ma poi,lentamente,far morire il rapporto attraverso un gioco di sottrazione che alla fine non fa rimanere più niente tranne 2 semisconosciuti nello stesso letto sempre più freddo.

Sa che l'esperienza,il vissuto,asfalta e dissesta le strade del futuro e,talvolta,in completa autonomia e secondo un preciso disegno di comando,prende in mano il volante e dà una sterzata verso una di quelle direzioni.

Ma altre volte,invece,più spesso,fa rimanere qualcuno alla guida,e quello può scegliere se essere il passeggero silenzioso di se stesso o un pilota coraggioso.
Lui adesso è convinto di tenere in mano ben saldo quel volante sia quanto mai un'impresa e preferisce accomodarsi sul sedile accanto,guardando fuori gli alberi scorrere tutti uguali e confondersi coi suoi sogni fumosi,i suoi facili preconcetti da utilizzare come pretesto a una non vita.

Non sa se credere alle premonizioni,ma qualcosa del genere a volte succede ed è abbastanza forte da far pensare che forse certe cose le vediamo davvero prima che accadano.

L'episodio ha attivato un turbine di supposizioni sull'essere genitore e sull'eventualità (remota,quasi impensabile) che lui diventi genitore.
Fare figli,si convince,può significare canalizzare tutte le energie su un unico versante,quello dell'iperprotezione,dell'ansia galoppante,qualcosa che non te ne accorgi e ti ritrovi a fare il bagno in un fiume di paure e magari ti piace anche così,perchè lo reputi giusto per il bambino.
Sai che è giusto e non hai bisogno di molte altre spiegazioni,ed ecco che si diventa schizzati,paranoici.
Le sue interpretazioni lo portano verso una posizione che lui stesso considera rigorosa e oltremodo cinica,ma non può fare a meno di pensarla così:
alla radice c'è il fatto che tutto cambia quando si hanno figli.
Trovare o mantenere l'equilibrio finchè ci sarà un bambino da crescere e da accudire,l'ago della bilancia penderà inevitabilmente dalla sua parte,ed ecco le colpe dei figli,appena nati e già responsabili di qualcosa,un mutamento sostanziale del modo di pensare e di vivere.
E allora è meglio che uno che non sia disposto a cambiare e a fare sacrifici non metta al mondo nessuno,ma a volte non è così.
Succede il contrario,ad esempio che uno se ne sbatta e continui a sbattersene.
E i figli crescono più schizzati dei genitori.
E'una spirale che si alimenta da sola.
La follia degli uni e la follia degli altri.
E ancora le colpe,quelle dei genitori che si tramutano in quelle dei figli attraverso uno spietato gioco ereditario.
Ma come spesso gli accade,in un attimo è disposto a distruggere questo bel castello di supposizioni e a rinnegare tutto quello che ha pensato,perchè un singhiozzo di maturità interrompe i suoi timori puerili e gli fa dire che no,lui non può capire,perchè non ha nessun figlio e non può immaginare cosa significhi.

Riccardo gli dice che ha preso i gatti per non amare le persone.
Questa forma di amore verso di loro,che si traduce in accudimento,sarebbe una compensazione del fatto che lui non riesce,non riesce più,a provare qualcosa di profondo.di caldo,pura umanità,emozioni procurate dalla gente,dagli amici o dalle donne.
E le sue reazioni non sono mai entusiaste,ma sempre contenute,come congelate.
Insomma,povere di compartecipazione emotiva.

Il problema è che da qualche tempo a questa parte riesce a rimanere solo in superficie.
Sente che la profondità non è raggiungibile.
Forse perchè ad arrivare in fondo,dentro di sè,ci sarebbero troppo buio e gelo e solitudine.

Il problema è che sono un egoista.
Non ho nessuna intenzione di fare un figlio per dedicare a lui tutto il mio tempo...tempo fisico e mentale.
E nemmeno di rinunciare a viaggi,cose da comprare,giocare a fare lo scrittore...non ci penso nemmeno!

La scoppiettante mutevolezza dell'animo umano,per prima la sua,lo delude ogni volta,come un bambino che scopre la mano di un audace burattinaio dietro il pupazzo animato.

E'convinto che ci siano delle strette connessioni tra lui e certi romanzi e racconti che legge,concrete affinità tra i protagonisti di certe storie e quelli della sua vita.
Qualche volta gli capita persino di illudersi credendo che tra le righe stiano parlando di lui.
Fa parte della natura umana:il desiderio è talmente forte da confondere la nostra percezione del reale.

Prende i suoi libri e li dispone sul letto,l'uno accanto all'altro come bambini dormienti.
Ecco alcuni dei suoi figli,cullati in silenzio e custoditi.
Colpevoli,forse,di aver accresciuto le sue manie,pensa.
E intanto che lo pensa,ne afferra uno,lo apre,cerca di abitarlo come fosse la sua casa.

C'è un'unica cosa che può guarirci dalla malattia di essere ciò che siamo:
seguire il sogno.
Anche se la questione non è come guarire,ma come vivere.

La bellezza può assumere molteplici forme e ognuna di esse suscita sensazioni diverse,soprattutto a seconda dell'occhio che la guarda.

Anche se la morte non la conosce da vicino pensa che se stesse per morire si sentirebbe così.

Nelle case della gente si annida il dolore coltivato dal tempo,una ferita aperta radicata nei muri.
Protette dai quadrilateri delle pareti,è qui che si nascondono le insicurezze e le manie,le malattie inespresse.
E'qui che si può accendere l'animosità o dove può esplodere la violenza.
E se fuori cova la vergogna,i repressi o gli inibiti qui possono sfogarsi.
Ma nelle case della gente dimorano anche le maniere di chi,al contrario,può darsi che fuori si mostri severo,duro,con se stesso e con gli altri.
C'è posto poi per depositi di gioia,la naturale sensazione  di trovarsi a proprio agio,la sede della tenerezza.
Nelle case della gente risiede il fulcro della contraddizione,là dove si anima un teatro per lo scontro di forze antagoniste:
ordine/disordine,pulizia/sporcizia,classico/moderno,vintage/design,pieno/vuoto,casuale/intenzionale,bianco/nero,monocromatico/colorato.
E'un districarsi sinuoso tra la memoria degli oggetti e la guerra dei ricordi,stando ben attenti a non urtare niente.
Sono tutte uguali le case della gente,le luci alla sera dopo il ritorno.
Lì si incontrano le sue fantasie,entrare e sentirsi in completa armonia,visitare ognuna di quelle,come uno spettatore segreto e silenzioso che potrebbe commuoversi per la dolce carezza di un padre o il bacio appassionato di una coppia.

E'vero che il tempo è più forte di tutto.
E ora quelle cose che una volta erano amore e poi dolore e poi ancora ricordo,adesso sono soltanto cose che non fanno più effetto.
Un'assuefazione chiamata presente.

Ha imparato come conoscere una persona possa incidere così tanto nella tua vita da farti scoprire qualcosa d'importante per te.
Qualcosa che ti piace e che tu non sapevi ancora,magari qualcosa che avevi sotto il naso e di cui non ti accorgevi.
Un interesse come un altro che poi diventa passione e può diventare anche mania.
Insomma,non puoi accendere un fuoco senza una scintilla.

Come al solito i suoi interventi risolutivi sono arrivati nel momento in cui da risolvere non c'era più niente.
Perchè forse è vero che gli piace osservare le cose mentre si rovinano sotto i suoi occhi.

Attaccare un quadro richiede solo uno sforzo di piantare un chiodo al muro.
Non ci vuole molto.
Ma sono così tante le cose che rimandiamo,anche se siamo coscienti di quanto poco ci voglia per farle.
Il mondo delle cose incomplete.

La bellezza,a volte dilagante e maledetta,ti strega gli occhi finchè ci riesce.
Ma la bellezza non è esente dalla corrosione che opera pazientemente la ruggine del tempo.

...per fuggire da cosa non sa:
dallo spettro del reale,da un romanzo che non vuole scrivere o può darsi dalla verità che non riesce mai a catturare fino in fondo.
Perchè la verità è la verità,sempre la stessa,fino all'infinito.

Eccolo lì.
In piedi di fronte al suo quadro,come agli Uffizi,immerso nel desolato paesaggio di se stesso.

...quando una tristezza da nomade esausto annichilisce la voglia di ricominciare.

Ma come per ogni grande disgrazia umana,le sventure sembrano accordarsi tra loro e,in un balletto sadico,puntare dritte verso il baratro,la rovina.

Ci sono persone per le quali una parete bianca è soltanto una parete bianca.
Nudo spazio.
Il vuoto.
La guardano per un attimo e magari commentano che sì,ci starebbe bene qualcosa per riempire,che tristezza così.
Poi ci sono le persone come lui,per le quali una parete bianca è il riflesso di loro stessi,il nulla dentro di sè.
Si ritrovano allora a tappare i buchi delle proprie anime,buchi da cui escono angosce e menzogne.

La realtà era fatta anche di privazioni.

La fantasia dei bugiardi è una dote naturale della quale possono stupirsi loro stessi,confondendo l'invenzione con il reale,fino a non riuscire a distinguere più.

Si sente lacerare dentro,e ascolta il riverbero di una voce lontana,la sua,proveniente da un futuro in cui tutto sembra ripetersi uguale,in una sterile serie,con la paura di scendere in picchiata,prima o poi,nell'abisso di un precoce addio.

C'è silenzio.
Uno di quei silenzi improvvisi,espansi,che qualcuno potrebbe definire irreale ma che lui ha il coraggio di definire magico.
Perchè gli pare che sia perfetto per scrivere.
Un silenzio pieno di parole.
Musica in codice tra i suoi pensieri ronzanti.

Tuttavia,quel momento che precede la scrittura,quando appunto l'idea supera i fatti e già ci si vede con la propria opera finita e l'universo letterario ai nostri piedi,gli procura un'esaltazione che diventa fretta e poi frenesia e poi ancora desiderio incombente di produrre,di finire ancora prima di cominciare.

Entrambi si sentono impostori nella parte di uomini cresciuti:
non sono mai riusciti ad abituarsi al fatto di essere diventati adulti,almeno anagraficamente,e di dover vivere in un mondo di adulti.
Si sentono a disagio nella parte degli uomini solidi e posati,costretti a interpretare sempre un ruolo,a comportarsi come tutti gli altri.
A rispondere a modo,nonostante la loro mente divaghi tra vecchi ricordi e pensieri privati.
Vivono con la costante angoscia di non portare mai a termine le cose,di non riuscire mai a fare le cose come uno tenta di fare.
Per loro c'è sempre qualcosa da cui scappare.
Non importa cosa,non importa il perchè.
Come se uno nascesse con la consapevolezza di essere in colpa e finisse sempre per trovare la cosa di cui sentirsi colpevole,a prescindere.
Sono gli inadempienti,gli inaffidabili,gli immaturi,i nostalgici,gli eterni bambini.
Loro faranno parte per tutta la vita di quella variegata e grottesca compagnia.
Sono solo 2 dei tanti milioni di uomini e donne delle loro generazioni che sono diventati grandi e che,intorno ai 30 anni,hanno fatto l'inquietante scoperta che la vita non sarebbe andata come avevano sperato.
Il fatto di essere assorbiti,preoccupati,ossessionati da se stessi li porta forse a esagerare l'importanza dei loro guai o delle loro esperienze in modo assolutamente sproporzionato rispetto alla realtà dei fatti e li rende ciechi fino al punto di non vedere che ognuno ha la sua parte di guai.
Loro non sono mai riusciti a capire una cosa:
i guai di una persona contano solo per quella persona.
Quello che succede a loro non è più grave o più importante di quello che succede a tutti gli altri.

Chi come lui ha la sensazione virale di aver fallito ogni scelta,di aver sprecato ogni singolo bivio,prendendo la strada sbagliata,si sente sostanzialmente inadatto a esistere,come inconciliabile col mondo circostante.
C'è in loro il sospetto autoalimentato di non valere molto come persone,si disprezzano per piccoli e umani errori e in un colpo si sentono responsabili di una catastrofe interiore,non riescono a mantenere una stabile relazione sentimentale e con la gente appaiono cordiali ma poi nel profondo si sentono inadeguati.

Scrivere per riscattarsi.
Scrivere per uscire dagli insalubri sogni a occhi aperti.
Scrivere è una maniera per rimanere,per andare verso il suo vero Io.
Scrivere non è altro che la ricerca della verità.

Ama tutto e odia tutto,preso per mano dal bambino dispettoso dell'incoerenza.

Non sa e continua a non sapere quali piani abbia in mente la vita o il destino o Dio o cos'altro per lui,ma sa che ora si trova in un lembo di terra semisconosciuto,solo raramente esplorato,un angolo recondito in cui sono sotterrate le coincidenze rivelatorie,il motore della consapevolezza.
Questi sincronismi eppure solo lontani dalla fatuità del caso,lui pensa,e celano in essi un sapere nascosto,una volontà soppressa che chiede di essere messa all'opera.

Se da bambini non si deve sapere,una volta grandi forse ci si dovrebbe dimenticare di voler sapere.

Un'altra cosa andata persa,come i loro discorsi lasciati a metà.
Come persi si sentono loro,qualche volta senza speranza fino al midollo.

E'una vita di contrasti la sua.
L'agito e il pensato.
L'affidabilità e la voglia segreta di mandare tutto a puttane.

Si chiede allora se in procinto di morire davvero succeda qualcosa,un bagliore d'intuito un'illuminazione,il sesto senso che entra in azione,anche se poi,insomma,deve ammettere che la morte sia sempre presente e non solo alla fine:
nei discorsi,nelle paure,nei manifesti funebri,nei telegiornali,nelle cose che si scrivono e si leggono.

...li fa sentire l'ingranaggio difettoso di un meccanismo assemblato male.


Si chiede cosa sia lui.
E se sia il meglio di quello che poteva essere.

Una volta c'era la fase del sogno romantico.
Una speranza infantile fuori dall'infanzia.
La ricerca dell'amore ideale.
Ma sì,è possibile,esiste.
Poi seguiva la fase delle delusioni.
Una ricerca più selettiva.
Andarci piano piano,ci sono già rimasto fregato...vediamo che succede.
Poi magari mi lascio andare e m'innamoro.
Per qualcuno che è stato abbastanza in quest'ultima fase e ne è uscito sempre con qualche batosta,ci può essere anche la fase del ritiro,nessuna ricerca,vita solitaria che così si sta meglio.
Tanto non ho bisogno di nessuno.

Forse non riesce a farsi capire.
Forse non fa abbastanza.
O forse fa tutto questo per rimanere solo,rovinare presto le cose buone che gli capitano e fare in modo di attribuire la colpa agli altri.

La sua vita,del resto,è fatta di piccole e grandi assenze,quindi ha bisogno proprio di questo:presenza.

L'insofferenza crescente che prova nei confronti degli altri lo sta conducendo in un luogo dal quale è difficile fuggire,il luogo oscuro sempre temuto:l'oblio.
L'oblio non è come la solitudine.
Nell'oblio si è soli e senza ricordo.
Lì si dimentica di essere stati persone o figli o genitori o amanti,giovani o adulti,ci si dimentica degli altri e di se stessi.
Ci si dimentica persino di aver mai avuto bisogno di qualcuno che non fossimo noi.
Forse sarebbe più semplice dimenticare tutto:le delusioni e persino i momenti più belli.
Non avere più memoria.
Caldeggiare l'oblio e arrivare giù,sul fondo,nell'abisso del niente.
Ma questa scossa che poi è la vita,frizza sulla pelle e lo trattiene su,in qualche modo,a produrre ricordi,posticipando l'oblio.

Ritiene che si possa essere più soli nel mondo che immersi nella propria stanza.

Per lui la solitudine sono i vestiti di suo padre:
sempre gli stessi,una camicia lisa e dei pantaloni sporchi,chiazzati e untuosi.
Quello per lui è la morte di una persona,un lento lasciarsi prendere,inesorabile,risparmiando il vestito buono per quando sarà il momento.

Dopotutto,il rancore non sarà mai abbastanza per estinguere ogni legame residuo che conservi la parvenza di un sentimento.

L'età adulta:
un'età costituita da distese di sofferenze e piccole innocue oasi di tranquillità.

Cos'era poi la sua vita?
Una gabbia di dolore.
Ogni tanto passava un clown a rallegrarlo.
L'illusione della leggerezza attraverso le sbarre.
Ma era quello per primo una figura triste,immensamente malinconica.
Lo guardava,facendogli una risata che sapeva di obbligo e gratitudine.
Poi si ricordava di essere dentro.

Pare che ci provi gusto a essere mistero e condanna per se stesso e per gli altri.

Spaccati di sonno che durano pochissimo,giusto il tempo di risvegliarsi ancora più stanco di prima.

Delusione e vergogna,sente solo questo,per aver mostrato la parte fragile,inadeguata.
Quella che gli altri non dovevano vedere.

Si finisce per essere più crudeli con le persone che ci vogliono bene.

Vede tutto come se fosse il fantasma di se stesso:
ogni azioni gli pare impossibile da compiere e c'è una tristezza avvolgente in ogni angolo.
Nemmeno la musica la spazza via.
Ha sempre pensato che la musica curasse tutto.
Non oggi.
Non oggi che sente di scoppiare,di perdere il controllo.
Ecco sì,gli sta sfuggendo.
Il controllo l'ha sempre avuto e adesso,invece,sente che potrebbe avere un attacco di panico.

E'terribile non potersi più fidare del proprio padre.
Si prova un senso di estraneità al punto tale da credere il mondo una smisurata farsa.

Grottesca è la sua incapacità di amare,il suo non voler bene a nessuno fino in fondo.

Certe persone sono fatte per rimanere perdenti,nonostante quello che fanno o quello che sanno.
C'è qualcuno o qualcosa che se ne accorge,dei loro tentativi di fuga,ma li riacciuffa sempre e li tiene lì,nello sgabuzzino spento dei falliti.
E quando sembra che le cose gli vadano bene,ecco che subito succede un fatto a ricordargli quanto sono ancora irrimediabilmente perdenti.

Piange per metà film.
Si sente vulnerabile come se la sua sensibilità fosse in cima alla pelle,sui peli,esposta all'aria della sala.
E come se ogni piccola emozione,anche remota,andasse a sbattergli contro,causando una reazione che non si aspettava.
E'una sfasatura perenne che una volta lo fa piangere per un film e un'altra gli muore una persona che conosce e non versa una lacrima.

Si sente un eterno secondo col fiato lungo ma senza scatto.
Arriva spesso sul finire della gara e lì lo supera sempre qualcuno.
Qualcuno più bravo.
Gli eterni secondi sono falliti di lusso.
Si convincono per tutta la vita che gli manchi poco per fare il salto di qualità,ma intanto la vita li ha preceduti.

Le privazioni del padre per la ricchezza del figlio.
E'questa un'estrema forma di amore?

Come un maratoneta che  ha sbagliato percorso e si ritrova da solo a un traguardo non segnalato.

Basta!E'ora di smettere!

Vai al computer senza pensare e scrivi.
Vedi quello che ti viene fuori,anzi lo vedrai,perchè adesso non devi rileggere quello che hai scritto.
Non trattenere niente,butta fuori tutto.

Questa storia aveva voglia di raccontarla tutta.
Anche se non è più interessante di tante altre,anche se non è finita.
Ma questa specie di canzone triste,ci assomiglia molto,a una fine.

Ha cercato di scrivere tutto quello che è successo.
Quello che sapeva e quello che non avrebbe mai voluto sapere.
Quello che gli hanno raccontato gli altri e quello che ha visto con i suoi occhi,anche se ancora occhi inesperti e colmi d'ingenuità.

L'immaginazione è un gioco perverso e crudele e spesso non è certo migliore della verità.

Per sentirvi ricchi vi sarebbe bastata l'unica cosa che invece non avete mai avuto.

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